menu celiberti roll








riga_rossa

LUIGINA BORTOLATTO

LUCIANO CARAMEL

FABRIZIO D'AMICO

LICIO DAMIANI

GIORGIO DI GENOVA

AMEDEO GIACOMINI

MARIO DE MICHELI

ERNESTO UGO GRAMAZIO

JEAN PIERRE JOUVET

BRANE KOVIČ

CAMILLO SEMENZATO

VITTORIO SGARBI

EMILIO VEDOVA

MARCELLO VENTUROLI

ANDRE' VERDET

Giorgio Celiberti, un artista tra i grandi della pittura italiana, la cu opera rende testimonianza di sé al di là delle sue stesse qualità pittoriche, ce sono feconde. Le interpretazioni del ghetto di terezin, dove migliaia di bambini furono gettati nel fango delle umane ignominie prima di essere spediti come bestie verso le camere a gas di Auschwitz, le sue immagini resteranno per sempre come simboli a un tempo più tragici e più pregnanti delle gesta criminali naziste al culmine di uno dei più sanguinosi genocidi della storia dei popoli.
L’opera di Celiberti, trascendendo lo stesso fatto storico, gli atroci « fatti diversi » dei campi della disperazione, raggiunge uno spirito plastico in cui l’evidenza dell’arte in sé suscita e alimenta il risveglio della nostra coscienza profonda.
In quanto vecchio deportato e pittore conosco bene le diverse testimonianze che sono state rese su « l’universo concentrazionario ».
Posso affermare che quella di Celiberti è una delle più convincenti: la sua dolorosa drammaticità ci fa soffrire e, al tempo stesso, ci fa ammirare il prestigio dell’arte che ci rende esemplare la tragica visione.
E’ molto raro incontrare in un’opera che si vuole portatrice di pensieri significanti, l’unione e la fusione di forma e contenuto. I disastri del realismo socialista caro a Zdanov stanno là a dimostrarci ampiamente la strada declamatoria e convenzionale in cui non bisognava impegnarci: strada senza uscita nella quale si sono gettati ed aggruppati tanti pittori anche di qualità all’inizio della loro ricerca.
Il cammino plastico di Celiberti precede per tracce allusive, per ellissi grafiche e cromatiche come echi ripercorsi della memoria Sua grande virtù è il segno.
Segni corsivi, evocatori, che « accendono » in noi suggerendolo l’essenziale dell’oggetto che si vuole significato. Per il suo modo divinatorio d’accostare l’oggetto, Celiberti si rivela in certe composizioni il moderno discendente degli artisti parietali, dei rupestri, o meglio ancora s’apparenta allo spagnolo Antoni Tapiès o al francese Raul Ubac. Il materiale diventa in lui il supporto ideale del concetto: un accordo senza caduta. Amo soprattutto le sue tele trattate come l’affresco, composizioni tattili e insieme rudi e sensibili, rese come muri tormentati, dipinti in una pasta in cui la ricchezza dell’esecuzione trae la propria sostanza da una giudiziosa economia, da una monacale sobrietà di mezzi dalla quale tutto ciò che sarebbe potuto apparire seducente è stato rifiutato.
Sia che egli tratti dei campi della morte, delle prigioni i cui muri e le finestre delle celle serbano impronte ineffabili dei segni – messaggio – portatori di ricordi d’amore e di libertà, di richiami alla speranza o grida d’addio…sia che egli magnifichi con un colpo di pennello o di spatola magica gli alberi, le piante, i fiori, le farfalle, i nidi e le covate di uccelli… sia che egli esalti la Puglia, che resuscita ricreandola dai muri medioevali o arcaici o dalle tavole della legge, che ci rende presenti nella loro combusta precarietà, Giorgio Celiberti suggerisce sempre più di quello che dice o riafferma. Ogni quadro è per lui un’impronta allusiva di vita, uno stato segnaletico di tracce d’universo.
Il potere evocativo delle sue composizioni diventa tanto più affascinante quanto si pone più fortemente al rovescio di una figurazione perentoria, di una leggibilità immediata. Mi sbaglio? Mi sembra che in questo artista ci siano le basi di un procedimento che richiama quello dello Zen… Giorgio Celiberti ha saputo far penetrare nella propria opera una parte dell’imponderabile delle cose che gli stanno a cuore e nella mente, una parte del loro segreto che si svelerà poco a poco in noi mentre osserviamo il quadro… proposto al nostro sguardo come fosse un poema… sta a noi saper leggere tra e nelle righe. Proprio un poema come quadro e ciò è un merito.

Andrè Verdet

(in Celiberti in villa. catalogo della mostra, Attimis 1988)

© www.giorgioceliberti.it | Giorgio Celiberti | Via Fabio di Maniago 15, 33100 Udine | Partita IVA: 00060910304 | info@giorgioceliberti.it